martedì 19 febbraio 2013

Librazioni di Diego Bertelli

Le librazioni sono lievi oscillazioni della luna che rivelano all’osservatore terrestre margini del suo lato oscuro. Stupidamente, nella mia testa, sono anche le azioni che i libri compiono su di noi, rivelandoci sempre qualcosa, se è vero che il verbo rivelare vale tanto svelare quanto velare nuovamente.

Librazione di febbraio:
Vanni Santoni, Tutti i ragni,
Palermo: duepunti edizioni 2012, pp. 62.


L’aracnofobia è definita comunemente come uno stato psichico di paura, repulsione e disgusto per i ragni, di solito ingiustificata e dal carattere irrazionale. Ma c’è qualcosa che va oltre una paura irrazionale; è l’acquisizione stessa di una paura, il temere qualcosa che prima non si temeva, il rendersi conto del suo radicarsi nell’esperienza di tutti i giorni. Allora non è poi così vero che a spaventarci è solo ciò che non si conosce; forse la vera paura nasce proprio da ciò che è stato familiare e dalla sua perdita progressiva. Si tratta in poche parole di quello che Freud ha chiamato «sinistro» o «perturbante», Unheimlich, per essere esatti: famigliare e non-famigliare a un tempo. È esattamente questo quello che succede in Tutti i ragni. Il protagonista del libro di Santoni è inizialmente un bambino di sei anni, e come spesso accade ai bambini di quell’età la conoscenza del mondo coincide spesso con processi sperimentali che coinvolgono insetti e animali: «Siamo così orgogliosi della ragnaia […]. Prendiamo moltissimi ragni e li portiamo su, stiamo in cortile a giocare coi ragni. Li facciamo scappare e li catturiamo. Facciamo percorsi per i ragni. Smontiamo i giocattoli più grossi, ci mettiamo i ragni dentro e li guardiamo mentre cercano di uscire. Proviamo a dare delle formiche ai ragni, ma i ragni le ignorano e quelle scappano via. Proviamo a staccare una zampa a un ragno e lo guardiamo camminare appena un poco fuori asse. Proviamo a staccare due zampe a un ragno. Tre zampe. Un ragno a cui abbiamo staccato tutte le quattro zampe di un lato arranca in diagonale. Guarda questo, fa Federico. Guardo il ragno a cui ha staccato tutte le zampe. Guardo sulla pietra quell povero bottone giallo e nero» (p. 11). Ed ecco, che di gioco in gioco,  di ragno in ragno, il bambino è un adolescente che va al liceo: «Sono ormai indubitamente, e considero me stesso, una persona che patisce di aracnofobia. Tuttavia, essendosi fatte più rare le occasioni di passare una giornata fuori e avendo sviluppato un totale dominio della tecnica della pisciata a occhi chiusi per quanto riguarda le serate di giochi di ruolo, si sono fatte rare anche le occasioni di incontro con i ragni, almeno con quelli reali» (p. 35). La progressione dell’esperienza coi ragni, tra domini reali e virtuali, simbolici e allucinatori (suggestive sono le pagine sull’uso di droghe sintetiche associato ai rave party e si veda, a proposito, anche un articolo di Santoni apparso sul lit-blog «Minima&moralia» dal titolo Psychedelic party), arriva fino al contatto, allo scambio di sangue necrotico, al sacrificio di una parte per il tutto. Fortunatamente Santoni non cita mai l’uomo ragno, la storia va meglio di così. Ai superpoteri si preferisce qualcosa di più famigliare, appunto. Come finisce non ve lo dico di certo, ma se fin qui non vi piace, siete sempre in tempo a comprare l’ultimo libro importante che ha vinto l’ultimo premio importante. Di solito quel tipo di libro non dovete nemmeno ordinarlo; è roba importante a tal punto che la trovate anche al supermercato.

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