Valeria:
Nel suo l’ ultimo libro Dal Partenone al panettone, racconta la storia
dell’arte attraverso il confronto di immagini di grandi capolavori del passato
e opere più attuali. Come è nato questo nuovo libro?
Francesco Bonami: Mi piaceva l’idea del confronto,
tutto sommato cambiano i linguaggi e i modi di fare arte, ma l’arte non muore
mai. Ci tengo a dire che questo non è un libro di storia dell’arte, io non sono
uno storico dell’arte. L’arte è per la maggior parte di noi una serie di
incontri che ci sono capitati nella vita, un’esperienza continua non
cronologica. Il mio libro segue questo percorso, non cronologico come i liberi
di scuola.
V:
L’arte contemporanea per il grande pubblico è spesso di difficile comprensione.
Nel suo ultimo libro azzarda invece accostamenti tra le opere di Jeff Koons,
Murakami, e Cattelan a quelle di Leonardo o Michelangelo. Domanda classica:
esistono ancora dei criteri per definire cosa è arte o cosa non lo è?
FB: "No, non esiste un criterio assoluto. L'importante è non confondere il proprio gusto con quello che si definisce arte o non arte. L'arte è uno degli strumenti per parlare della società. L'arte che non riesce in un modo o in un altro a parlare è un'arte morta e a volte non è arte ma solo immagine".
FB: "No, non esiste un criterio assoluto. L'importante è non confondere il proprio gusto con quello che si definisce arte o non arte. L'arte è uno degli strumenti per parlare della società. L'arte che non riesce in un modo o in un altro a parlare è un'arte morta e a volte non è arte ma solo immagine".
V:
Sfogliando il suo libro, fra le opere che ha messo ha confronto mi hanno
colpito in modo particolare: il celeberrimo Urlo di Munch raffrontato ad
immagini della guerra del Vietnam, la Cacciata dal Paradiso di Masaccio con la
foto della testata Zidane a Materazzi durante i mondiali di calcio del 2006 ed
il Cristo morto di Mantegna, con la foto della morte di Che Guevara. Mi può
spiegare come sono nati questi particolari confronti?
FB: L’artista nell’antichità era l’unico tramite
per raccontare le storie, Masaccio per esempio racconta un fatto vergognoso
come la cacciata di Eva dal paradiso, è rappresentata la colpa, la stessa cosa
vale per la foto della testata di Zidane ai mondiali del 2006, anche se non
sapremo mai se la colpa è di Zidane o di Materazzi che gli ha insultato la
sorella.
L’Urlo di Munch invece rappresenta la tragedia
esistenziale, che ho raffrontato con le immagini della guerra in Vietnam che
sono la tragedia di un popolo, se prima c’era la colpa, qua c’è la paura.
L’associazione con la foto di Che Guevara ucciso e
il Cristo Morto del Mantegna, non solo l’ho scelto per un associazione
artistica, le due foto sono uno scorcio in prospettiva, e poi Mantegna è
riuscito a trasformare il cadavere di Cristo in un cadavere di un uomo morto,
come se l’immagine fosse tratta da un obitorio. Il contrario esatto della foto
di Che Guevara dove l’uomo diventa mito, immortalato per sempre, diventando
un’icona.
V:
Com’è che un immagine diventa Icona?
FB: Allora io non parlo e non scrivo come un
critico d’arte, quindi non avrò una risposta tecnica. Spesso vediamo alcune
immagini di opere o fotografie e nemmeno sappiano chi è l’autore ne tantomeno
il periodo. Eppure sono immagini che ci rimangono impresse nella memoria, le
incorniciamo e le fissiamo nella nostra mente. L’arte è questo non è sempre un
esperienza colta, ma emotività. Ci sono immagini che ci accompagnano tutta la
vita.
V: Lei
ha molti incarichi anche all’estero, quindi ha una posizione privilegiata per
osservare lo stato dell’arte contemporanea. Quali sono le differenze maggiori
che riscontra in Italia, rispetto all’estero? Com’è il pubblico italiano?
FB: Il pubblico è uguale, la politica è diversa.
All'estero nessun politico mette bocca su quello che fa un museo. Il Museo di
Storia Tedesca di Berlino sta ospitando una mostra dal titolo Hitler e i
tedeschi. Nazione e crimine, senza sollevare polveroni o strascichi polemici, a
differenza di quel che accadde a Milano quando Cattelan voleva utilizzare
l'immagine della sua opera Hitler (dove il dittatore è in ginocchio, ndr) per i
manifesti della sua mostra".
V:
Secondo lei, l’arte contemporanea italiana è soffocata dalla politica?
FB: L'unico bipolarismo che ha funzionato in Italia
e' stato quello nell'arte fra il partito di Celant e quello di Bonito Oliva che
hanno paralizzato l'Italia dell'arte.
V:
Germano Celant nel 1968 aveva coniato la definizione Arte Povera, ci sono orai
artisti che potrebbero essere riuniti in un gruppo?
FB: Magari! Il punto e' proprio questo! Non ci sono
più gruppi.
V: Chi
è tra l’ artista italiano più rivoluzionario?
FB: Mah, non saprei.... Cattelan più rivoluzionario? Forse. Ma non saprei.
FB: Mah, non saprei.... Cattelan più rivoluzionario? Forse. Ma non saprei.
V: E
negli Stati Uniti, dove tu vivi, qual è la situazione dell’arte contemporanea?
FB: Quando sono negli Stati Uniti, cerco di
recuperare un innocenza nello sguardo che ancora gli americani hanno. Certi
schemi e timori referenziali non esistono. Certe volte penso a Jeff Koons a
come gli sono venute in mente alcune sue sculture, è grazie a questa
possibilità e libertà che nascono alcune sue opere, pensa alla statua di
Michael Jackson con la scimmia in maiolica… un personaggio contemporaneo
rivisto in chiave passata, rappresentato come una saliera di Benvenuto Cellini.
Si può guardare la storia passata come se fosse contemporanea, ma anche
viceversa.
V: Hai
un lettore ideale, o meglio a chi dedichi il tuo libro?
FB: Io spero che sia il libro, che tutti gli
studenti di storia dell’arte vorrebbero avere. Ho un desiderio, che sia un libro
liberatorio per la storia dell’arte. le nuove generazioni hanno internet hanno
un rapporto più veloce con le immagini e ognuno può costruirsi il suo percorso
visivo, e osare senza rischiare. Ognuno ormai può costruirsi una propria
antologia.
V:
Ultima domanda, se diventasse ministro dei beni culturali …
FB: Dipende da quando mi ci faranno … vista l’età
della politica italiana … Se accadesse fra vent'anni, non saprei quali saranno
gli artisti meritevoli e poi, avendo io 75 anni, probabilmente non capirò più
nulla di arte contemporanea!
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