mercoledì 20 marzo 2013

Max Papeschi. Pop al fiele.


Ho conosciuto Max Papeschi quest’estate a Pietrasanta durante la sua personale “The Silence of the Lambs” presso la galleria Gestalt, e sono rimasta colpita dall’ironia al fiele delle sue opere realizzate con la tecnica dell’elaborazione digitale, che analizzano e mostrano spudoratamente i vizi, le manie e le paure della nostra società. Ingannata anche io per un attimo  dall’apparente leggerezza di superficie, mi sono ben presto ricreduta, poiché dietro la patina dell’irriverenza, si nasconde una riflessione più profonda che ci permette di soffermarci su tematiche come la guerra, il consumismo, la religione. I suoi protagonisti sono le icone dei nostri tempi, Mickey Mouse, Ronald McDonald, Hello Kitty addobbati con i loghi e le marche che caratterizzano la nostra società di massa. Ma non sono più le figure rassicuranti che siamo abituati a vedere, si sono trasformati, sfigurati in uno stravolgimento semantico. 
Max Papeschi, prima che artista, ha un passato da regista teatrale e televisivo, sa quindi dosare molto bene i linguaggi dell’arte e della pubblicità, dove anche il titolo ha un ruolo importante per l’interpretazione dell’opera. Esasperando ed enfatizzando gli eccessi e le follie della nostra società, in un continuo gioco di rimandi, Max propone una sua personale visione insolente e dissacratoria della realtà, dove i buoni non sono mai davvero buoni fino in fondo.


Valeria: Ciao Max, facciamo subito i politicamente scorretti che ne dici? Cos’è che ti fa schifo del mondo dell’arte?
Max: Ciao Valeria, non è facile rispondere, ma a mio parere un grosso problema è la difficoltà di stabilire un valore agli artisti e alle opere in modo oggettivo. Non è come nell’atletica, tanto per fare un esempio, dove se fai i 100 metri in meno di 10 secondi sei un fenomeno e se ce ne metti 20/30 nessuno si sognerebbe di farti correre in una gara prestigiosa.
Nell’arte contemporanea invece ci sono tantissimi artisti che non riuscirebbero neanche a correre per 100 metri di fila, eppure espongono in mostre importanti. Si arriva talvolta a situazioni surreali come  Il padiglione Italia di Sgarbi del 2011 che sembrava uno scherzo, vi immaginate se alle olimpiadi fossero stati convocati quasi solo ragazzini di 9-10 anni e giocatori di bowling in pensione. Eppure nell’arte cose come questa succedono continuamente.


Valeria: Sei abbastanza arrabbiato e visionario nei tuoi lavori, mi racconti come nascono?
Max: La mia ispirazione nasce leggendo, viaggiando e cercando di parlare con presone interessanti. Cerco di tenermi aggiornato su quello che accade nel mondo, il lavoro in questo modo mi viene naturale, evito soprattutto di forzarmi a lavorare quando non ho nulla da dire.


Valeria: Com’è andata la mostra quest’estate a Pietrasanta presso la galleria Gestalt? Che ambiente hai trovato a Pietrasanta?
Max: Molto bene grazie, non conoscevo Pietrasanta e non avevo idea che ad Agosto diventasse la capitale italiana dell’arte contemporanea, è stata una piacevolissima sorpresa.


Valeria: Che importanza ha per te la politica?
Max: Qualcuno ha detto: Se non ti interessi di politica, prima o poi la politica si interesserà di te. E’ un’affermazione che condivido pienamente.

Valeria: Dove sta andando la cultura artistica italiana?
Max: Credo che ormai parlare di “cultura artistica nazionale “ sia un po’ superato come concetto, nel senso che ormai gli artisti, ma anche i curatori e i galleristi o sono internazionali o non sono del tutto, e questa tendenza col tempo sarà predominante. Sarebbe più interessante capire dove sta andando la cultura artistica in generale, e non è una risposta facile.


Valeria: Cosa è arte e cosa non è arte.
Max: Questa domanda riprende in un certo senso il discorso che facevo all’inizio della nostra intervista. Il confine è labile, e questo crea talvolta situazioni al limite del ridicolo, mi viene in mente il film con Alberto Sordi, dove la moglie obesa si addormenta su una sedia e viene scambiata per un’opera d’arte. Diciamoci la verità, è stato esposto di peggio.


Valeria: Hai avuto dei maestri da cui hai tratto ispirazione?
Max: Tenuto conto del mio background nel mondo dello spettacolo, penso di essere stato influenzato solo parzialmente sia dagli artisti del passato che da quelli contemporanei. Traggo molto più volentieri inspirazione dai libri di storia, dai romanzi, dal cinema, dalla musica e anche dalla pubblicità.


Valeria: Giochiamo un attimo, dimmi la verità si fanno più conquiste ed essere artista?
 Max: Ok, diciamo la verità senza girarci intorno: essere artista non mi avrebbe aiutato più di tanto a fare conquiste, avere una certa notorietà invece fa spesso la differenza, ma la stessa cosa penso valga in tutte le altre professioni naturalmente.


Valeria: Mai pensato il trasferirti all’estero?
Max: Ormai credo che a livello professionale per un artista cambi molto poco la città di residenza se si possiede una buona connessione internet e si ha la possibilità di viaggiare spesso.


Valeria: Registi preferiti?
Max: Te ne dico tre, ma potrei farti una lista infinita: Stanley Kubrick, Elio Petri e Lars Von Trier.


Valeria: Qual è o quali sono le opere a cui sei più affezionato?
Max: Quelle che farò da domani in poi.




Valeria: Veniamo alla parte più interessante per un artista: progetti futuri
Max: I primi di Aprile ci sarà la mia prima “antologica” al Castello del Valentino di Torino, curata da Caterina Musazzi e Telemaco Rendine (Fondazione Artèvision), penso che sarà un evento molto interessante, la location è stupenda e l’organizzazione ha richiesto molto tempo e molto impegno, sono sicuro che si vedranno i risultati. Poi sempre a metà Aprile una buona parte della mostra si sposterà in un’altra location bellissima, l’Aurum di Pescara, la mostra sarà patrocinata dal comune di Pescara e sarà a cura di Roberta D’Intinoisante. Immediatamente dopo partirò per la Russia dove parteciperò ad una collettiva curata da Francesco Attolini per la Fondazione Rizzordi di San Pietroburgo. 
Nello stesso periodo dovrei partecipare a qualche fiera tra Monaco, Barcellona, Atene e forse Hong Kong. Passati questi due mesi di fuoco mi piacerebbe poter tornare per qualche tempo in California dove rilassarmi e riprendere la collaborazione a un progetto multimediale iniziata quest’estate in occasione della mai personale a Città del Messico, ma è presto per parlarne.



Max vive e lavora a Milano

Nessun commento:

Posta un commento